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Imposta sugli intrattenimenti

Di Massimiliano Tasini

Imposte sugli intrattenimenti

Vi presentiamo l’articolo scritto dall’avvocato Leonardo Maria Galieni per NT+ Diritto del Sole 24 Ore in materia di IMPOSTE SUGLI INTRATTENIMENTI.

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Sponsorizzazioni, costi leggeri. La deducibilità anche in assenza di utilità e/o vantaggio

I costi di sponsorizzazione, ancorché non abbiano apportato un’utilità e/o vantaggio per l’incremento dell’attività imprenditoriale secondo un approccio di tipo quantitativo, sono comunque deducibili dall’impresa sponsor se inerenti alla propria attività, anche solo in via indiretta, in base alla nuova declinazione qualitativa del concetto di inerenza; il tutto, senza che vi osti lo svolgimento degli eventi sponsorizzati all’estero sia per la visibilità internazionale degli stessi sia poiché tale scelta rientra nella libertà di iniziativa economica. Lo ha affermato la Corte di cassazione, sezione V, con l’ordinanza numero 30024 del 26 ottobre del 2021, superando quella concezione oramai risalente dell’inerenza c.d. quantitativa e abbracciando invece la nuova visione.

Con riguardo ai costi di sponsorizzazione, ha rimarcato la Corte, essi «sono deducibili dal reddito di impresa ove risultino inerenti all’attività della stessa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, esclusa ogni valutazione in termini di utilità o vantaggio». Una società, al fine di reclamizzare un marchio di cui era anch’essa titolare, aveva stipulato un contratto di sponsorizzazione affinché venisse esposto in occasione di gare automobilistiche.

A fronte dei costi sostenuti l’Agenzia delle entrate, sulla scorta di una serie di valutazioni, ne contestava la deducibilità per difetto di inerenza ritenendoli in sostanza antieconomici rispetto ai ricavi conseguiti. A seguito di ricorso promosso da parte pubblica, i giudici della Suprema corte hanno sì premesso come l’impugnazione fosse inaMmissibile poiché la ricostruzione fattuale operata dai giudici di seconde cure non era scrutinabile in sede di legittimità, ma ne hanno comunque condiviso il merito.

In particolare, la pronuncia evidenzia che le prestazioni di sponsorizzazione erano state documentate dalla contribuente anche a mezzo di fatture e fotografie; che i costi erano inerenti alla sua attività imprenditoriale anche in virtù degli «importanti elementi di visibilità» di cui avrebbe goduto ex contractu; che la diminuzione del fatturato evidenziata era invece dovuta alla notoria crisi economica; e che, non da ultimo, la tenuta delle gare all’estero non incideva rientrando tale scelta nella libera iniziativa economica e comunque risultando potenzialmente vantaggiosa in termini di pubblicità indiretta.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di cassazione ha dichiarato l’illegittimità della contestazione erariale, con un’importante condanna alle spese di giudizio. 

 

Residenza estera, a 360° esame della natura fittizia

 presunta natura fi ttizia della residenza fiscale estera di una persona fi sica richiede una valutazione omnicomprensiva che, in quanto tale, non può prescindere anche da un approfondito esame delle circostanze ed elementi addotti dal contribuente. La Cassazione, con le sentenze 7621, 7622 e 7623 del 18/3/2021, ha stabilito che il giudice del rinvio avrebbe dovuto esplicitare per quali ragioni non si ravvisassero interessi di parte privata nello Stato estero, pena il vizio di motivazione.

Nella fattispecie, seppur incidentalmente, si trattava di stabilire se la residenza fi scale fosse riconducibile in Italia ovvero nel Regno Unito prim’ancora di disquisire sull’applicabilità della convenzione siglata tra i due stati. La Corte, premettendo come nel caso di specie non operasse la presunzione legale relativa ex art. 2 del Tuir, ha precisato che fosse necessaria «la verifica, oltre che degli elementi indiziari relativi alla pretesa persistenza nel territorio nazionale, per la maggior parte del periodo d’imposta, della sede principale degli interessi economici e personali del contribuente, anche di quelli concernenti la pretesa natura meramente formale e sostanzialmente fittizia del trasferimento degli stessi in Inghilterra». Censurando l’operato della Ctr, ha rilevato come la medesima si fosse soffermata sugli elementi addotti dall’ufficio, senza considerare le altrettante risultanze da cui poteva inferirsi la residenza fi scale del contribuente nel Regno Unito.

Prescindendo dall’iscrizione all’Aire, come da orientamento consolidato, ha rilevato che, nel rispetto del principio cardine dell’autosufficienza, la linea difensiva fosse supportata da una serie di circostanze ed annessa documentazione, tutte dotate di potenziale rilievo. Nel dettaglio: trasferimenti anagrafi ci del contribuente in Inghilterra, comunicazioni pervenute alle autorità britanniche, cittadinanza inglese acquisita, per non parlare dell’omessa considerazione sulla permanenza nel Regno Unito dei suoi fi gli a dimostrazione della presenza di relazioni personali in loco. In ragione di ciò la Ctr, in nuova composizione, sarà chiamata ad una disamina logico-giuridica del relativo quadro nel suo complesso.