
CIRCOLARE DI STUDIO N. 43 DEL 15 OTTOBRE 2019
Novità in materia di scambi Intra-UE di beni
Premessa
Mentre sono in corso, in seno alla Commissione europea, i lavori di implementazione del sistema definitivo dell’Iva per gli scambi intraunionali, sono stati emanati nel frattempo una serie di interventi mirati volti al miglioramento dell’attuale disciplina impositiva. In particolare:
- la Direttiva 2018/1910/UE del 4 dicembre 2018 ha riformulato l’art. 138, par. 1 della Direttiva 2006/112/CE riguardante l’obbligo di iscrizione al VIES;
- il Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018 ha introdotto il nuovo art. 45-bis del Regolamento UE 2011/282 riguardante i mezzi di prova per le cessioni intracomunitarie di beni;
- la Direttiva 2018/1910/UE del 4 dicembre 2018 ha riformulato l’art. 36-bis della Direttiva 2006/112/CE riguardante le c.d. transazioni a catena;
- la Direttiva 2018/1910/UE del 4 dicembre 2018 ha riformulato l’art. 17-bis della Direttiva 2006/112/CE riguardante il regime del c.d. “call-of stock”.
ISCRIZIONE AL VIES ED ELENCHI INTRASTAT:
Fino ad oggi la mancata iscrizione al VIES è stata considerata – salvo qualche sporadico indirizzo contrario da parte di alcuni funzionari dell’Agenzia delle Entrate – una mera violazione formale; tale, appunto, da non inficiare il regime di “non imponibilità” delle cessioni intracomunitarie (in presenza, ovviamente, di tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge).
Dal 1° gennaio 2020 l’iscrizione del soggetto passivo nell’Archivio VIES diventa, invece, una condizione sostanziale per l’applicazione del regime di “non imponibilità” agli scambi intracomunitari.
Allo stesso modo, il mancato inserimento delle vendite nell’elenco riepilogativo previsto per le cessioni intracomunitarie (Modello Intrastat) fa venire meno il diritto alla “non imponibilità” per dette operazioni.
Pertanto, la Direttiva impone agli Stati membri di garantire attraverso apposite previsioni normative che, qualora il cedente non rispetti gli obblighi di iscrizione al VIES e di inserimento delle vendite intracomunitarie negli appositi Modelli Intrastat, venga disconosciuto il regime di “non imponibilità” normalmente previsto per dette operazioni.
È fondamentale, dunque, che ciascun cliente verifichi, con periodicità almeno trimestrale, la propria iscrizione al VIES utilizzando l’apposito servizio presente al seguente link: http://ec.europa.eu/taxation_customs/vies/?locale=it .
PROVA DELL’AVVENUTA CESSIONE INTRACOMUNITARIA:
Dopo anni di lunghe diatribe relative all’individuazione degli idonei mezzi di prova circa l’avvenuto trasporto dei beni in altro Stato UE (per le quali si rimanda alla Circolare di Studio n. 42 del 10 ottobre 2012), il legislatore europeo – con decorrenza 1° gennaio 2020 – si è finalmente deciso a regolamentare questo delicato aspetto, distinguendo, in particolare, tra due fattispecie:
- quando i beni sono stati spediti/trasportati dal cedente direttamente o da terzi per suo conto;
- quando i beni sono stati spediti/trasportati dal cessionario o da terzi per suo conto (clausola Ex-Work).
Nel caso di cui al punto 1) il cedente deve essere in possesso di almeno due dei seguenti elementi di prova non contraddittori rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra:
- lettera CMR riportante la firma del destinatario;
- polizza di carico;
- fattura relativa al trasporto aereo;
- fattura dello spedizioniere;
oppure, uno qualsiasi degli elementi di cui sopra in combinazione con uno qualunque dei singoli elementi qui di seguito elencati:
- polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni;
- documenti bancari attestanti il pagamento relativo alla spedizione o al trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità (es. un notaio) che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato (purché sia consentita l’identificazione univoca e precisa dei beni depositati).
Nel caso di cui al precedente punto 2), invece, il cedente deve essere in possesso:
- di una dichiarazione scritta dall’acquirente, rilasciata entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da terzi per suo conto e che identifica lo Stato di destinazione. Da tale dichiarazione devono obbligatoriamente risultare:
- data di rilascio;
- nome e indirizzo dell’acquirente;
- quantità e qualità dei beni;
- data e luogo di arrivo dei beni;
- identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente;
- in caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto
- e, congiuntamente, di almeno due documenti non contraddittori fra gli otto individuati al precedente punto 1) che attestano la spedizione/trasporto..
È da salutare certamente con favore la regolamentazione di una materia per anni rimasta in un’ampia zona grigia da cui si sono originate numerose cause, alcune tuttora pendenti innanzi alle Commissioni tributarie di tutta Italia. Tuttavia, ci preme sottolineare che, a fronte dell’emanazione di regole certe e precise, gli Uffici in sede di verifica non tollereranno più mancanze nella documentazione a supporto delle cessioni intra-Ue. Pertanto, si raccomanda la clientela di Studio di adoperarsi con la massima precisione e tempestività per reperire i documenti di cui sopra; pena il sicuro disconoscimento, in fase accertativa, del regime di non imponibilità per le operazioni in oggetto. In aggiunta a ciò, la mancanza dei documenti di prova relativi alle vendite intracomunitarie renderà impossibile per lo Studio procedere all’apposizione del visto di conformità sulle Dichiarazioni annuali IVA e sui Modelli IVA trimestrali.
TRANSAZIONI A CATENA:
Le operazioni a catena, ossia quando vengono effettuate più cessioni consecutive realizzate però con un unico trasferimento di beni direttamente dal primo fornitore all’acquirente finale, non sono disciplinate né dalla normativa comunitaria né tantomeno da quella nazionale.
Le uniche ad essere normate sono le c.d. “triangolari comunitarie semplificate” (ossia quelle operazioni in cui intervengono tre soggetti diversi identificati o registrati in tre differenti Paesi comunitari con un unico trasporto di beni dal Paese del primo cedente a quello del destinatario finale).
IT (primo cedente) vende a DE (promotore) della triangolazione e su incarico di quest’ultimo invia direttamente dall’Italia i beni a FR (destinatario finale) in Francia.
La semplificazione contenuta nella Direttiva n. 92/111/CE prevedeva che solo un’operazione (l’ultima di acquisto) fosse assoggettata ad IVA con assolvimento dell’imposta nel Paese di destinazione materiale e finale dei beni attraverso il meccanismo del reverse-charge attuato dal destinatario finale (FR). La prima vendita tra IT e DE, invece, è una cessione intracomunitaria esente da IVA sia nel Paese del primo cedente che in quello del promotore.
Pertanto, nel caso in esame dal lato Italia si procede nel seguente modo:
- IT emette fattura a DE con l’indicazione “Non imponibile” ed eventualmente il richiamo all’art. 41 del D.L. 331/1993 o all’art. 138 della Direttiva 2006/112/CE (con in aggiunta la dicitura di “operazione triangolare”) e la annota nel registro delle vendite;
- IT compila il modello Intrastat indicando nella colonna 2 la sigla DE e nella colonna 3 il codice di identificazione dell’operatore DE, mentre nella colonna 12 (se mensile) indica come paese di destinazione la sigla FR.
In questa seconda ipotesi, in cui il soggetto italiano risulta il promotore dell’operazione:
- IT riceve fattura da DE per l’acquisto intracomunitario e la integra senza imposta richiamando l’art. 40, co. 2 del D.L. 331/1993 e la annota nel registro delle vendite e in quello degli acquisti;
- IT emette nei confronti di FR fattura non imponibile ex 41 del D.L. 331/1993 designando espressamente sullo stesso documento FR responsabile – in sua vece – del pagamento dell’imposta quando i beni saranno consegnati in Francia;
- IT redige il modello Intrastat di vendita indicando alle colonne 2 e 3 la sigla FR e il numero identificativo del cessionario francese, mentre non compila il modello Intrastat degli acquisti in quanto i beni non entrano mai nel territorio nazionale.
In quest’ultima ipotesi, infine:
- IT effettua un acquisto intracomunitario in quanto i beni partono da uno Stato membro e sono introdotti in Italia;
- IT riceve fattura da DE con l’indicazione che lo stesso è designato quale debitore d’imposta in Italia al posto del suo fornitore DE;
- IT integra la fattura con IVA e la annota nel registro delle vendite e degli acquisti;
- IT compila il modello Intrastat degli acquisti indicando nelle colonne 2 e 3 la sigla DE e il numero di identificazione del fornitore tedesco, mentre nella colonna 13 la sigla FR quale Paese di provenienza.
Nel corso degli anni, tuttavia, la Corte di Giustizia UE – al fine di prevenire potenziali meccanismi frodatori – è intervenuta sulla materia con diverse pronunce1, rimettendo in discussione la semplificazione prevista dal legislatore europeo.
Il nuovo art. 36-bis è stato introdotto proprio per recepire tale consolidato orientamento giurisprudenziale prevedendo – a decorrere dal 1° gennaio 2020 – che in caso di cessioni plurime con un unico trasferimento di beni:
- da un lato, il trasferimento intracomunitario va imputato a una sola delle cessioni che assume conseguentemente la qualifica di cessione intracomunitaria;
- dall’altro, opera una presunzione legale (indipendentemente dalla situazione di fatto in merito alle condizioni e circostanze del trasporto) secondo cui la qualifica di cessione intracomunitaria è imputata alla vendita posta in essere nei confronti dell’operatore intermedio (promotore), salvo che questi abbia comunicato al proprio fornitore (primo cedente) l’eventuale possesso di un numero di partita IVA attribuitogli dallo Stato Membro di partenza dei beni.
Quindi tornando all’ipotesi iniziale:
- la vendita da IT a DE si qualifica (presuntivamente) come cessione intra-UE, mentre la successiva vendita da DE a FR è considerata una cessione interna in Francia con conseguente obbligo per DE di identificarsi in detto Paese;
- se, tuttavia, DE comunica ad IT il possesso di un numero di partita IVA italiana allora la vendita da IT a DE si considera una cessione interna in Italia, mentre la successiva vendita da DE a FR è qualificata come cessione intracomunitaria, senza obbligo per DE di identificarsi in Francia.
CALL-OFF STOCK:
Il “call-off stock” è un contratto di fornitura con effetti reali differiti che prevede l’invio dei beni – in genere materie prime o semilavorati da utilizzarsi nel processo di produzione, ma anche prodotti finiti da destinare alla rivendita (in questo caso prende il nome specifico di “consignment stock”) – ad un acquirente senza trasferirne la proprietà ma mettendo i beni a disposizione dello stesso presso un suo deposito o presso un deposito gestito da terzi cui l’acquirente abbia accesso esclusivo.
In tal caso la merce resta di proprietà del cedente fino al momento dell’eventuale prelievo da parte dell’acquirente secondo le sue esigenze produttive, commerciali o finanziarie. Pertanto, solo al momento del prelievo si ha il trasferimento di proprietà e, ai fini IVA, la cessione di beni si considera effettuata per cui scattano gli obblighi di fatturazione e l’imposta diviene esigibile.
In ambito comunitario, tuttavia, per questo tipo di contratti non sempre le regole sono uniformi in tutti gli Stati membri: ad esempio alcuni2 richiedono l’apertura della posizione IVA da parte del fornitore dei beni. Altri Paesi3, invece, prevedono le nostre stesse semplificazioni e non esigono l’identificazione da parte del soggetto cedente.
Con il nuovo art. 17-bis la Direttiva 2018/1910 è intervenuta – con decorrenza 1° gennaio 2020 – proprio ad uniformare la disciplina in questione per tutti gli Stati membri, stabilendo innanzitutto che il trasferimento di beni effettuato da un soggetto passivo verso un altro Stato membro in regime di “call-off stock” non è assimilato a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso. Non si realizza, dunque, la fattispecie del c.d. “trasferimento a sé stessi” assimilata ad un’operazione di cessione/acquisto intracomunitario, ma viene attivato un regime sospensivo d’imposta subordinato al rispetto di talune condizioni:
- i beni siano trasferiti dal soggetto passivo verso un altro Stato membro in previsione di una futura cessione, dopo l’arrivo a destinazione, a un altro soggetto passivo il quale ha diritto di acquisirne la proprietà in conformità agli accordi tra le parti (N.B. non occorre più che i beni siano materialmente affidati al destinatario oppure siano collocati in un deposito del quale egli abbia la disponibilità esclusiva);
- il soggetto che trasferisce i beni non abbia nel Paese di destinazione la sede dell’attività o una stabile organizzazione;
- il destinatario della successiva cessione sia identificato ai fini Iva nel Paese di destinazione e la sua identità e il numero identificativo siano noti alla controparte sin dal momento di inizio del trasferimento dei beni;
- il soggetto che trasferisce i beni prenda nota del trasferimento in apposito Registro nel quale devono risultare le seguenti informazioni obbligatorie:
- lo Stato membro a partire dal quale i beni sono stati spediti/trasportati e la data di spedizione/trasporto;
- il numero di identificazione Iva del soggetto passivo destinatario dei beni, attribuito dallo Stato membro verso il quale i beni sono spediti/trasportati;
- lo Stato membro verso cui i beni sono spediti/trasportati, il numero di identificazione Iva del depositario, l’indirizzo del deposito in cui i beni sono immagazzinati all’arrivo e la data di arrivo dei beni al deposito;
- il valore, la descrizione e la quantità dei beni arrivati al deposito;
- il numero di identificazione Iva del soggetto passivo che sostituisce l’originario destinatario;
- la base imponibile, la descrizione e la quantità dei beni ceduti, la data in cui ha luogo la cessione dei beni e il numero di identificazione Iva dell’acquirente;
- la base imponibile, la descrizione e la quantità dei beni, nonché la data in cui si verifica una delle condizioni che fanno venire meno il regime sospensivo (es. cessione a soggetti diversi oppure spedizione in altro Paese);
- il valore, la descrizione e la quantità dei beni rispediti, nonché la data di rispedizione nel Paese membro di origine entro il termine di 12 mesi;
- il soggetto passivo destinatario dei beni è obbligato a sua volta (NOVITA’) alla tenuta di apposito Registro nel quale vanno indicate le seguenti informazioni:
- il numero di identificazione Iva del soggetto passivo che trasferisce i beni in regime di “call-off stock”;
- la descrizione e la quantità dei beni a lui destinati;
- la data in cui i beni a lui destinati arrivano al deposito;
- la base imponibile, la descrizione e la quantità dei beni a lui ceduti, nonché la data in cui ha luogo l’acquisto intracomunitario di beni;
- la descrizione e la quantità dei beni e la data in cui i beni sono prelevati dal deposito per ordine del fornitore/cedente;
- la descrizione e la quantità dei beni distrutti o mancanti e la data di distruzione, perdita o furto dei beni precedentemente arrivati al deposito o la data in cui ne è accertata la distruzione o la scomparsa.
Nell’ipotesi in cui i beni siano spediti o trasportati in regime di “call- off stock” a un depositario diverso dal soggetto passivo destinatario, quest’ultimo non deve indicare nell’apposito Registro le informazioni di cui ai precedenti punti 3), 5) e 6).
Qualora siano rispettate tutte le suddette condizioni, il trasferimento dei beni non realizza alcuna operazione rilevante ai fini Iva, mentre all’atto del successivo prelievo da parte del destinatario si verrà a realizzare:
- una cessione intracomunitaria effettuata nel Paese di partenza dal soggetto che ha trasferito i beni;
- ed un contestuale acquisto intracomunitario effettuato nel Paese di destinazione del concessionario.
Questo a patto che il passaggio della proprietà intervenga entro 12 mesi dall’arrivo dei beni nel Paese di destinazione; se tale termine dovesse decorrere inutilmente, nel giorno successivo al decorso, si considera effettuato da parte del proprietario dei beni un “trasferimento a sé stesso” assimilato a una cessione intracomunitaria.
Non si considera avvenuto alcun trasferimento, invece, se prima della scadenza dei 12 mesi vengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- non vi sia stato alcun passaggio di proprietà;
- i beni rientrino nel Paese di partenza;
- il soggetto passivo annoti il rientro dei beni nel Registro sopra menzionato.
Sempre entro il termine di 12 mesi è consentito sostituire il soggetto passivo destinatario dei beni, purché siano soddisfatte tutte le condizioni e vengano fatte le apposite annotazioni nel Registro.
Il regime di “call-off stock” cessa nei seguenti casi:
- qualora prima della scadenza dei 12 mesi vengano meno una o più delle condizioni sopra elencate;
- nel caso in cui i beni vengano ceduti ad un soggetto diverso da quello originariamente previsto, anche se già sostituito nel Registro;
- i beni vengano trasferiti in altro Paese diverso da quello di origine;
- i beni vengano distrutti, persi o rubati.
In tutti questi casi il fornitore/cedente dovrà (previa identificazione ai fini Iva) procedere con il “trasferimento a sé stesso” e conseguentemente tassare l’acquisto nel Paese di destinazione dei beni.
Lo Studio resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento.