In tema di società di comodo, il c.d. test di operatività ex art. 30, c. 1, della legge 724/1994 non si applica laddove la contribuente dimostri la sussistenza di oggettive condizioni non ascrivibili a sue scelte imprenditoriali erronee tali da impedire il raggiungimento delle soglie minime prestabilite, come nel caso di inadempienze contrattuali della società fornitrice e difficoltà oggettivamente riscontrabili. In tal caso, è preclusa la possibilità di accertare un maggior reddito presunto sulla scorta del criterio matematico previsto dalla normativa di riferimento.
Così la pronuncia n. 14750 del 27/5/2021 con cui la Cassazione, sez. V, confermando le risultanze cui era pervenuta la Ctr Sardegna, ha statuito che il fallimento della società che forniva alla contribuente lo strumento indispensabile per mantenere un elevato standard di produttività e qualità (nella fattispecie trattavasi di un tunnel di sterilizzazione per il settore alimentare) costituisce un’oggettiva situazione di carattere straordinario che non può consentire di raggiungere le soglie previste dal c.d. test di operatività. Di conseguenza, «Il sostanziale mancato avvio della produzione non è, dunque, riconducibile a erronee strategie imprenditoriali della contribuente».
A tal riguardo il collegio di legittimità, ripercorrendo i tratti salienti della disciplina approntata sino ad oggi dal legislatore e richiamando la disquisizione sorta in dottrina sulla natura ad essa attribuibile (elusiva, evasiva o addirittura ibrida), ha verificato se nella fattispecie di causa, dopo il fallimento del c.d. test di operatività, quantomeno fossero integrate quelle condizioni oggettive, anche di carattere straordinario nella versione ratione temporis, necessarie per dribblare la redditività stimata dall’uffi cio. Ebbene, rammentando che l’esimente in parola può ravvisarsi nel caso di assenza di autorizzazioni amministrative ovvero per crisi del settore o ancora nell’ipotesi si svolgimento di mera attività di ricerca, la Corte ha preso atto che sia le inadempienze contrattuali della società fornitrice, sia lo sforzo produttivo dimostrato dalla contribuente e, non da ultimo, le difficoltà persistenti integrano senz’altro le condizioni oggettive richieste dalla legge, respingendo così le doglianze del patrono erariale. Degna di nota la pronuncia di condanna alle spese inflitta all’Agenzia ex art. 385 cpc in virtù del principio della soccombenza.