Pur essendo oramai consolidato, il meccanismo dell’accertamento da ristretta base azionaria presenta aspetti sempre nuovi e tutt’altro che scontati, come confermato dalla copiosa giurisprudenza in materia.
Come noto, detto meccanismo consente all’Amministrazione finanziaria di presumere che i redditi accertati in capo ad una società di capitali possano essere imputati, pro quota, ai soci, in proporzione alle quote di capitale sociale dagli stessi detenute; una sorta di meccanismo “per trasparenza”, che comporta l’obbligo, in capo al socio, di tassare un dividendo solo presunto.
Tra le questioni che meritano attenzione, ve ne sono tre particolarmente rilevanti.
In primo luogo, va verificato se siano distribuibili solo i redditi per così dire “monetari” – quali quelli derivanti dalla percezione di ricavi (da cessioni di beni, ovvero da prestazioni di servizi) non tassati, o ancora dalle somme rientrate in conseguenza dell’utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti -, ovvero qualunque reddito prodotto in capo alla Srl: per la tesi estensiva, si riscontra ad esempio Cass. 2224/2021, secondo cui anche un costo indeducibile, per esempio per difetto di inerenza, sarebbe comunque imputabile ai soci.
Un secondo rilevante problema consiste nello stabilire se la presunzione sia applicabile nella sola ipotesi in cui i soci della società accertata siano persone fisiche, ovvero anche società, a loro volta possedute da persone fisiche, comunque avvinte da un vincolo familiare (o comunque si tratti di pochi soci); anche in questo caso, la giurisprudenza (Cass. 2224/2021 già citata) abbraccia la tesi estensiva, con notevole dilatazione del perimetro soggettivo di applicazione della presunzione.
Infine, va verificato quali siano i confini della prova contraria che può essere offerta dal socio, prova che comunque appare diabolica, avendo ad oggetto un fatto negativo, ovvero la mancata percezione di ciò che l’Ufficio finanziario presume essere stato percepito. Al riguardo, la più recente e sensibile giurisprudenza, ammette la possibilità per il socio di dimostrare l’estreneità alla gestione societaria (Cass. 34282/2019).
Si tratta di questioni complesse, che certamente esigono un approccio quanto mai approfondito, nell’ottica di assicurare la migliore tutela, avuto riguardo al quadro giurisprudenziale.