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La sentenza Cass. n. 24473/2025, consolida il proprio orientamento restrittivo in merito all’obbligatorietà del contraddittorio preventivo all’accertamento in vigenza della normativa ante riforma fiscale. 

In sostanza, quanto ai tributi non armonizzati l’obbligo non esiste, mentre quanto all’IVA l’obbligo sussiste, ma il contribuente deve fornire la cosiddetta “prova di resistenza”, cioè deve dimostrare che, ove il contraddittorio fosse stato attivato, esso “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.

La sentenza richiama anche il recente arresto giurisprudenziale a Sezioni Unite dato con la pronuncia Cass. n. 21271 del 2025, secondo il quale, con riguardo alla disciplina ratione temporis applicabile e alle verifiche “a tavolino” su tributi armonizzati:

“la violazione dell’obbligo di contraddittorio procedimentale comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di merito, a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo.”;

La sentenza in sostanza consolida un orientamento che può, a questo punto, dirsi granitico, chiudendo praticamente le porte al tentativo di scardinare l’atto impositivo per la strada della violazione del principio del contraddittorio, se non in casi estremamente limitati (IVA + dimostrazione rigorosa della prova di resistenza).