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Con la formulazione dell’art. 10 della c.d. “Legge europea 2019-2020”, recante Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, il Parlamento ha recentemente apportato alcune modifiche al Codice dei Contratti Pubblici, così da adeguarsi alla procedura di infrazione europea n. 2018/2273 avviata contro l’Italia.

Al riguardo, si segnalano:

  1. impossibilità di escludere dalla procedura di gara l’appaltatore laddove i motivi di esclusione riguardino il proprio subappaltatore;
  2. eliminazione dell’obbligo del concorrente di indicare la terna di subappaltatori per determinate tipologie di appalti;
  3. possibilità per l’aggiudicatario di subappaltare a terzi oltre il 30% del valore del contratto, in ossequio alla disciplina europea e all’orientamento della C.G.U.E (Sent. del 14/07/2016, causa C-406/14);
  4. estensione del novero dei soggetti abilitati a partecipare alle procedure di affidamento di taluni servizi;
  5. modifica dell’art. 80, c. 4, del citato Codice in ordine ai casi di esclusione del concorrente dalla procedura di gara quando il mancato pagamento di debiti tributari e/o contributivi, ancorché non definitivamente accertati, rappresenti una grave violazione.

Orbene, se in base alla normativa vigente per “grave violazione” si intende rispettivamente sul piano fiscale quella superiore a € 5.000 mentre, dal lato previdenziale, quella ostativa al rilascio del c.d. DURC,

la “novella” ha invece previsto che dette violazioni saranno:

  • da individuarsi in un apposito decreto del M.E.F.;
  • da rapportarsi al valore dell’appalto;
  • da ricondursi a una soglia in ogni caso non inferiore a € 35.000,00.

Con tutte le riserve del caso, sembra così intravedersi un piccolo spiraglio per tutti gli operatori economici che allo stato sono soggetti ad una disciplina altamente penalizzante in tema di appalti pubblici.